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Il nuovo parere di congruità dei compensi professionali, nonostante la petizione di principio contenuta nell’art. 7 della legge 21/04/2023, n. 49, non è in grado di acquisire efficacia di titolo esecutivo

sabato, Dicembre 9th, 2023

La legge n. 49 del 2023, fortemente voluta dall’Avvocatura, è stata accolta dalla categoria come una svolta (forse sarebbe meglio dire un segnale forte) per ridare dignità ai professionisti.

L’art. 7, sul parere di congruità come titolo esecutivo (…), al pari dell’art. 12 [abrogante l’art. 2, comma 1, lett. a), del decreto Bersani], dell’art. 5, comma 2 (sulla prescrizione del diritto al compenso), dell’art. 5, comma 3 (sull’aggiornamento biennale dei parametri ministeriali, dell’art. 8 (sulla prescrizione dell’azione di responsabilità) e dell’art. 9 (sull’azione di classe dei Consigli nazionali degli ordini), è stato ritenuto da autorevoli interpreti come una norma di carattere generale, non limitata al circoscritto ambito dell’art. 2 (rapporti professionali con imprese bancarie e assicurative, grandi imprese e Pubblica amministrazione).

Il procedimento amministrativo ex legge 07/08/1990, n. 241, propedeutico per l’emanazione del parere di congruità, è sicuramente da accogliere con favore, anche se, per la dilatazione temporale che lo contraddistingue, meglio si attaglia al pre-contenzioso con i clienti forti.

Il parere di congruità, del resto, non costituisce titolo esecutivo nell’attuale previsione normativa, se non dopo il decorso di 40 giorni dalla relativa notifica, in mancanza di opposizione.

Con i clienti normali, quindi, ed ancora di più con quelli deboli, ci sarebbe da considerare il rischio di dispersione delle garanzie patrimoniali nel lungo tempo attualmente necessario per la formazione del titolo esecutivo.

Sulla basi di tali premesse, il presente intervento mira a segnalare che il parere di congruità, nella normativa attualmente vigente, non è proprio in grado di acquisire efficacia di titolo esecutivo.

Sussiste, innanzi tutto, un problema di notifica, perchè il Consiglio dell’Ordine in concreto richiesto ci ha risposto che non è legittimato a rilasciare copie autentiche.

In secondo luogo, l’indisponibilità delle copie autentiche si ripercuote sulla formazione del titolo esecutivo a cui mira la nuova norma che, però, non può prescindere da quando disposto dagli artt. 474 e 475 c.p.c..

In terzo luogo, l’esecutorietà del parere di congruità, prevista dalla nuova norma in mancanza di opposizione entro 40 giorni dalla notifica, è attualmente impossibile, perchè difetta l’individuazione dell’Autorità deputata alla relativa declaratoria, previa verifica della sussistenza dei necessari presupposti.

Allo stato, quindi, una volta emanato il parere di congruità. non rimane altro da fare che procedere in sede monitoria ex artt. 633 n. 2 e 636 c.p.c., esattamente come accadeva prima della nuova legge, in aperto contrasto con l’intento (probabilmente principale) del Legislatore, che era quello di decongestionare il carico dei Tribunali (e dei Giudici di Pace).

De iure condendo, tanti problemi potrebbero essere risolti dalla previsione della provvisoria esecutività del parere di congruità, all’esito del contraddittorio amministrativo, con salvezza di opposizione giudiziaria.

Non sarebbe male, in ultima analisi, prevedere anche la possibilità di iscrizione di ipoteca in forza del titolo esecutivo come sopra ex novo concepito.

Avv. Michele Costa

Auspicabile modifica – in sede di conversione – dell’art. 1 del D.L. 12-9-2014 n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), in vigore dal 13 settembre 2014

mercoledì, Settembre 24th, 2014

Riportiamo la norma, già in vigore:

Capo I

Eliminazione dell’arretrato e trasferimento in sede arbitrale dei procedimenti civili pendenti

Art. 1. Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria

1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d’appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa non è stata assunta in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono richiedere di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile.

2. Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale. Gli arbitri sono individuati, concordemente dalle parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all’albo dell’ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al Consiglio stesso.

3. Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.

4. Quando la trasmissione a norma del comma 2 è disposta in grado d’appello e il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. Quando il processo è riassunto il lodo non può essere più pronunciato. Se nessuna delle parti procede alla riassunzione nel termine, il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile. Quando, a norma dell’articolo 830 del codice di procedura civile, è stata dichiarata la nullità del lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni di cui al primo periodo o, in ogni caso, entro la scadenza di quello per la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità.

5. Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto regolamentare del Ministro della giustizia possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi casi non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile.

L’opportunità delle modifiche che emergono in prima lettura riguarda:

  1. la previsione di un collegio arbitrale, anziché di un arbitro unico;

  • tale previsione, in considerazione dell’aumento dei costi del procedimento arbitrale (collegiale) e dell’aumento dei tempi medi per addivenire all’emanazione del lodo (collegiale), rischia di privare di concreti effetti le stesse finalità della nuova legge;

  • non è facilmente individuabile, del resto, il motivo per cui le materie di competenza del Tribunale in composizione monocratica (anche Giudici Onorari) debbano essere affidate ad un collegio arbitrale, anziché ad un arbitro unico.

  1. L’impossibilità per gli avvocati che hanno precedenti disciplinari limitati all’avvertimento di essere nominati come arbitri;

  • tale effetto limitativo della sanzione dell’avvertimento per l’inserimento di un avvocato in un elenco speciale gestito dal Consiglio dell’Ordine è completamente isolato (vedi normativa primaria e regolamentare in materia di Patrocinio a spese dello Stato, Difesa d’Ufficio e Consiglio di Disciplina);

  • con tale limitazione, oltre a vanificare la stessa funzione dell’avvertimento, specie nei casi in cui è molto risalente nel tempo, si sottraggono esperienze e conoscenze, anche specialistiche in materia di arbitrato, per il raggiungimento delle stesse finalità della nuova legge.

  1. La previsione del termine di 120 giorni per il deposito del lodo, che sembrerebbe riservato alle cause di appello;

  • tale termine, come ben sanno i colleghi che hanno esperienze in materia di arbitrato, è particolarmente breve, specie per un organo collegiale, e non è niente in rapporto ai tempi della giustizia civile in grado di appello;

  • è opportuno prevedere espressamente un termine per l’emanazione del lodo anche per le cause di primo grado.

  1. L’esclusione della solidarietà delle parti per il pagamento del compenso degli arbitri;

  • gli arbitri hanno bisogno – oltrechè di essere indipendenti – di lavorare sodo e, quindi, di lavorare senza dubbi sulla loro retribuzione.

Avv. Michele Costa

L’imposizione fiscale sul patrimonio continua ad aumentare vertiginosamente

giovedì, Dicembre 26th, 2013

A dicembre dell’anno scorso, scrivendo su questo sito, avevo lanciato un grido di dolore per la nuova IMU, applicata sulla prima casa ed aumentata sullo studio professionale, rispetto all’ICI 2011, nonché per la maggiorazione erariale sulle tasse automobilistiche.

A distanza di un anno, in seguito ad uno sterile dibattito politico, più che altro propagandistico delle opposte fazioni, abbiamo dovuto sopportare un nuovo vertiginoso aumento dell’IMU sullo studio professionale.

Quest’anno, soltanto per lo studio professionale, considerando l’esenzione sulla prima casa, ho pagato una somma superiore a quella nel complesso pagata per l’IMU 2012 (!).

Nel caso concreto l’aumento, in un anno, è stato pari al 38 %, senza alcuna possibilità di detrazione dal reddito professionale.

Quest’anno, poi, è intervenuta la TARES che, all’improvviso (fino a due settimane fa non sapevamo a quanto ammantasse il saldo, comprensivo della quota dello Stato), ha aumentato a dismisura le somme pagate l’anno scorso per la TARSU.

Nel caso concreto, per quanto riguarda la casa di abitazione, l’aumento, in un anno, è stato pari al 10 %, mentre per lo studio professionale, l’aumento è stato pari a ben il 37 %.

Il buon senso imporrebbe un’inversione di tendenza, ma è verosimile dubitare (…).

Certo è che, per il invertire il trend in aumento dell’imposizione fiscale, occorrerebbe diminuire i costi dei pubblici poteri (legislativo, amministrativo e giudiziario) e bisognerebbe impiegare razionalmente l’enorme quantità di denaro che affluisce alle casse erariali, regionali e comunali.

Staremo a vedere e riferiremo a Dicembre 2014.

Per il momento non resta altro da fare che gestire i costi, sia dello studio professionale, che personali e, quindi, diminuire ulteriormente i consumi per poter pagare le tasse (fino a quando ciò sarà possibile …), con effetti diametralmente opposti alla tanto auspicata ripresa economica.

Avv. Michele Costa

Estensione ai professionisti delle regole del D.Lgs. 9-10-2002 n. 231 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali)

domenica, Gennaio 13th, 2013

Il professionista, grazie all’art. 1 del  D.Lgs. 9-11-2012 n. 192 (Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, per l’integrale recepimento della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, OMISSIS), può contare sull’applicabilità, tra gli altri, degli artt. 3 (Responsabilità del debitore), 4 (Decorrenza degli interessi moratori), 5 (Saggio degli interessi) e 6 (Risarcimento dei costi di recupero) del decreto legislativo del 2002, così come modificati dallo stesso decreto legislativo del 2012 che, all’art. 2 ha aumentato la maggiorazione di legge a 8 punti percentuali.

La nuova normativa si applica anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, ma, ex art. 3 del decreto legislativo del 2012, soltanto ai contratti conclusi dopo il 01/01/2013.

Riportiamo il testo dell’art. 1.

<<Art. 1  Modifiche al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231

1.  Al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, recante attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)  l’articolo 1 è sostituito dal seguente:

«Art. 1 (Ambito di applicazione). – 1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale.

2. Le disposizioni del presente decreto non trovano applicazione per:

a) debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito;

b) pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore.»;

b) l’articolo 2 è sostituito dal seguente:

«Art. 2 (Definizioni). – 1. Ai fini del presente decreto si intende per:

a) “transazioni commerciali”: i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo;

b) “pubblica amministrazione”: le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 25, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e ogni altro soggetto, allorquando svolga attività per la quale è tenuto al rispetto della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

c) “imprenditore”: ogni soggetto esercente un’attività economica organizzata o una libera professione;

d) “interessi moratori”: interessi legali di mora ovvero interessi ad un tasso concordato tra imprese;

e) “interessi legali di mora”: interessi semplici di mora su base giornaliera ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di otto punti percentuali;

f) “tasso di riferimento”: il tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali;

g) “importo dovuto”: la somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento.»;

c)  all’articolo 3, dopo le parole: «interessi moratori» sono inserite le seguenti: «sull’importo dovuto»;

d)  l’articolo 4 è sostituito dal seguente:

«Art. 4 (Decorrenza degli interessi moratori). – 1. Gli interessi moratori decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento.

2. Salvo quanto previsto dai commi 3, 4 e 5, ai fini della decorrenza degli interessi moratori si applicano i seguenti termini:

a) trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;

b) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;

c) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;

d) trenta giorni dalla data dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.

3. Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2. Termini superiori a sessanta giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore ai sensi dell’articolo 7, devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.

4. Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.

5. I termini di cui al comma 2 sono raddoppiati:

a) per le imprese pubbliche che sono tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333;

b) per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine.

6. Quando è prevista una procedura diretta ad accertare la conformità della merce o dei servizi al contratto essa non può avere una durata superiore a trenta giorni dalla data della consegna della merce o della prestazione del servizio, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7. L’accordo deve essere provato per iscritto.

7. Resta ferma la facoltà delle parti di concordare termini di pagamento a rate. In tali casi, qualora una delle rate non sia pagata alla data concordata, gli interessi e il risarcimento previsti dal presente decreto sono calcolati esclusivamente sulla base degli importi scaduti.»;

e)  l’articolo 5 è sostituito dal seguente:

«Art. 5 (Saggio degli interessi). – 1. Gli interessi moratori sono determinati nella misura degli interessi legali di mora. Nelle transazioni commerciali tra imprese è consentito alle parti di concordare un tasso di interesse diverso, nei limiti previsti dall’articolo 7.

2. Il tasso di riferimento è così determinato:

a) per il primo semestre dell’anno cui si riferisce il ritardo, è quello in vigore il 1° gennaio di quell’anno;

b) per il secondo semestre dell’anno cui si riferisce il ritardo, è quello in vigore il 1° luglio di quell’anno.

3. Il Ministero dell’economia e delle finanze dà notizia del tasso di riferimento, curandone la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana nel quinto giorno lavorativo di ciascun semestre solare.»;

f)  l’articolo 6 è sostituito dal seguente:

«Art. 6 (Risarcimento delle spese di recupero). – 1. Nei casi previsti dall’articolo 3, il creditore ha diritto anche al rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte.

2. Al creditore spetta, senza che sia necessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di 40 euro a titolo di risarcimento del danno. È fatta salva la prova del maggior danno, che può comprendere i costi di assistenza per il recupero del credito.»;

g)  l’articolo 7 è sostituito dal seguente:

«Art. 7 (Nullità). – 1. Le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto, sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore. Si applicano gli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile.

2. Il giudice dichiara, anche d’ufficio, la nullità della clausola avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, tra cui il grave scostamento dalla prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e correttezza, la natura della merce o del servizio oggetto del contratto, l’esistenza di motivi oggettivi per derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento o all’importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero.

3. Si considera gravemente iniqua la clausola che esclude l’applicazione di interessi di mora. Non è ammessa prova contraria.

4. Si presume che sia gravemente iniqua la clausola che esclude il risarcimento per i costi di recupero di cui all’articolo 6.

5. Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione è nulla la clausola avente ad oggetto la predeterminazione o la modifica della data di ricevimento della fattura. La nullità è dichiarata d’ufficio dal giudice.»;

h)  all’articolo 8, comma 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) di accertare la grave iniquità, ai sensi dell’articolo 7, delle condizioni generali concernenti il termine di pagamento, il saggio degli interessi moratori o il risarcimento per i costi di recupero e di inibirne l’uso;».>>

Riportiamo il testo anche dell’art. 2.

<<Art. 2  Modifiche alla legge 18 giugno 1998, n. 192

1.  All’articolo 3, comma 3, della legge 18 giugno 1998, n. 192, le parole: «di sette punti percentuali» sono sostituite dalle seguenti: «di otto punti percentuali».>>

Ci riserviamo prossimamente di approfondire e riordinare il tema della certificazione dei crediti vantati da imprese e professionisti verso la Pubblica Amministrazione centrale e locale.

Avv. Michele Costa

All’aumento dell’imposizione fiscale deve corrispondere una proporzionale riduzione dei costi dei pubblici poteri, altrimenti l’economia del bel paese non può risorgere, meno che mai in un tempo ragionevole

lunedì, Dicembre 17th, 2012

Quest’anno, prescindendo dall’imposizione sul reddito professionale, ho dovuto pagare sugli immobili un’IMU superiore del 90 % rispetto all’ICI pagata l’anno scorso ed una tassa automobilistica superiore del 34 % rispetto a quella pagata l’anno scorso, che era già maggiorata dell’addizionale erariale all’epoca introdotta.

Dal punto di vista esclusivamente patrimoniale, quindi, ho subito un aumento dell’imposizione fiscale, nell’arco dell’ultimo anno, mediamente pari al 62 % (90 – 34 = 56 : 2 = 28 + 34 = 62).

Da questi semplici dati è sorto lo spunto per la riflessione che segue.

Non è stata nemmeno ipotizzata dal potere legislativo – e neppure da quello esecutivo centrale – una diminuzione di costi dei pubblici poteri in percentuale corrispondente.

Il potere legislativo, poi, ha scientemente vanificato alcune riduzioni programmate da quello esecutivo centrale, come la riduzione del numero dei parlamentari ed il dimezzamento delle Provincie.

Ma a cosa servono i c.d. “peones” in Parlamento ?

Se la politica, che esercita il potere legislativo, non riesce a ridurre di circa 100 unità i senatori e di circa 200 unità i deputati, come si può credere che possa dimezzare i Presidenti, le Giunte ed i Consigli Provinciali ?

E pensare che a tale auspicabile riduzione conseguirebbe il dimezzamento dei Prefetti, dei Questori, dei Direttori delle Agenzie delle Entrate, dei Comandanti dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco, etc., etc., etc..

Il potere giudiziario, dal canto suo, ha recentemente ottenuto la declaratoria di illegittimità costituzionale delle modeste riduzioni degli emolumenti stipendiali introdotte nel 2010.

I costi per le retribuzioni dei parlamentari, degli amministratori (centrali e periferici) e dei giudici, quindi, non diminuiscono, nonostante la crisi oramai asfissiante.

Tutt’altra sorte ha subito, per esempio, la capacità reddituale dei professionisti, con la drastica riduzione dei compensi derivante dalla parametrazione ministeriale.

Tutti pagano le tasse sul patrimonio, ma l’aumento della relativa imposizione non può prescindere dalla redditività.

Se non c’è reddito non è possibile pagare le tasse, nemmeno quelle sul patrimonio.

La maggior parte dei patrimoni, del resto, si è costituita per successione ereditaria (abbondantemente tassata) o con il ricorso al finanziamento bancario (da restituire con gli interessi).

Ai professionisti, quindi, è stato chiesto un sacrificio enorme.

Le dimensioni di tale sacrificio non possono essere mantenute nel medio periodo, ma si attagliano – realisticamente – soltanto al breve periodo.

Se nel breve periodo i costi dei pubblici poteri non diminuiranno in percentuale corrispondente all’imposizione fiscale sul patrimonio dei cittadini, il sacrificio dei professionisti sarà duraturo e finanche irreversibile, con conseguente mancato accesso o abbandono della professione da parte di coloro che non disporranno di un reddito o di un patrimonio per poter esercitare e, anche, di coloro che non si accontenteranno delle mere soddisfazioni professionali completamente avulse da un adeguato ritorno economico.

Ad ogni due professionisti che non potranno più lavorare, infine, si aggiungerà la perdita di un posto di lavoro dipendente, con buona pace della ripresa economica che i pubblici poteri – date le esperienze maturate – potrebbero non essere proprio in grado di incentivare.

Avv. Michele Costa

Abolizione tariffe avvocati

venerdì, Gennaio 27th, 2012

Analizziamo il testo della norma abrogatrice, che auspichiamo non venga convertita in legge o, perlomeno, che venga adeguatamente modificata, ma che, pericolosamente, si innesta in un preciso disegno politico – economico di limitazione dell’indipendenza e, quindi, del prestigio dell’Avvocatura.

D.L. 24-1-2012 n. 1
Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 gennaio 2012, n. 19, S.O.

Capo III
Servizi professionali

Art. 9  Disposizioni sulle professioni regolamentate
1.  Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.
2.  Ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante. Con decreto del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionale e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. L’utilizzazione dei parametri nei contratti individuali tra professionisti e consumatori o microimprese dà luogo alla nullità della clausola relativa alla determinazione del compenso ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
3.  Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito al momento del conferimento dell’incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso, previamente resa nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta, deve essere adeguata all’importanza dell’opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. L’inottemperanza di quanto disposto nel presente comma costituisce illecito disciplinare del professionista.
4.  Sono abrogate le disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1.
OMISSIS

Il decreto legge è in vigore, cosicchè l’abolizione delle tariffe è cogente, ma non è stato emanato il decreto ministeriale che deve indicare i parametri per le liquidazioni giudiziali nei confronti dell’avversario o dell’Erario (patrocinio a spese dello Stato – difesa di ufficio).
Quid iuris ?
Per le cause instaurate anteriormente all’entrata in vigore del decreto legge, riteniamo che la Magistratura possa continuare ad applicare le tariffe, che però non esistono più (…).
Per le nuove cause non resta che attendere il decreto ministeriale (…).

Per i nuovi atti di precetto riteniamo che, per il momento, si possano indicare le spese vive e, per la liquidazione dei compensi, si debba chiedere il pagamento nella misura fissata dall’emanando decreto ministeriale o, altrimenti, secondo la liquidazione equitativa del Giudice dell’Esecuzione.
Cosa può accadere nel caso di adempimento dopo la notifica del precetto, senza procedura espropriativa ?
Probabilmente i compensi dell’avvocato relativi al precetto graveranno sul cliente, che avrà sì ottenuto l’utilità dell’adempimento dell’avversario, ma dovrà pagare il professionista incaricato.

Nei rapporti con il potenziale cliente, l’avvocato, anziché dedicare il proprio tempo all’approfondimento del fatto ed allo studio del diritto sostanziale, dovrà perdere tempo a spiegare il grado di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione, correndo il rischio di non essere neanche capito e di spaventare inutilmente il proprio interlocutore.
Come comportarsi, ad esempio, in un normale processo penale, con udienza preliminare, senza aver letto il fascicolo del PM, con una parte offesa che non si sa se si costituirà parte civile, senza poter pronosticare con sicurezza la decisione del GUP sulla richiesta di rinvio a giudizio, senza conoscere, per la successiva eventuale fase dibattimentale, chi saranno i testimoni indicati dall’accusa pubblica e quelli dell’eventuale accusa privata, senza poter seriamente valutare se sarà opportuno un consulente tecnico e senza poter immaginare se saranno necessarie 3, oppure 4, oppure 5 udienze per addivenire alla sentenza di primo grado.
Ad impossibilia nemo tenetur, ma se il potenziale cliente, di media intelligenza e cultura, non sarà convinto dalla prospettazione dell’avvocato, per sua stessa natura ostica ad essere capita, in quanto processualistica e, per molteplici aspetti, meramente eventuale e, quindi, incerta, si rivolgerà ad un altro avvocato.

E’ previsto che, con decreto ministeriale saranno anche stabiliti nuovi parametri per oneri e contribuzioni alle Cassa Previdenza Avvocati.
E’ verosimile che saranno di nuovo aumentati, come se non fossero sufficienti gli aumenti degli ultimi anni e senza considerare che la nostra Cassa ha più volte dichiarato di non avere problemi a pagare le pensioni nei futuri 30 anni.

Ancora nei rapporti con il potenziale cliente, l’avvocato, anziché dedicare il proprio tempo alla sua formazione (continua …) ed alla difesa tecnica, dovrà  indicare la misura del compenso, anche in forma scritta, se richiesta, adeguandola all’importanza dell’opera (che non si sa, con precisione, quale sarà) ed indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi, senza poter far nemmeno riferimento alla tariffe abolite e, con i “consumatori” e le piccole imprese, neanche ai futuri parametri ministeriali.
A nostro parere si sta andando verso la remunerazione dell’avvocato mediante la pattuizione di un compenso orario, oltre spese, CPA ed IVA.
Il problema del compenso orario, in assenza di una regolazione legislativa, è rappresentato dalla difficoltà di provare, in caso di controversia economica con il cliente, il tempo dedicato allo studio del fatto e della normativa di riferimento e, in generale, ad ogni singola prestazione che non sia comprovata da un verbale.
Speriamo che siano disponibili a breve programmi informatici in grado elaborare il costo orario pattuito con le prestazioni di volta in volta inserite nella pratica.

Devastante potrebbe essere l’impatto delle nuove regole nei casi di potenziale assistenza della PA che, dovendo valutare la convenienza economica, potrebbe procedere all’affidamento dell’incarico mediante una sorta di gara con i colleghi del territorio di competenza e scegliere l’avvocato che ha chiesto il compenso inferiore, ancorchè bagattellario, in spregio al decoro della professione di cui al secondo comma dell’art. 2233 che, per fortuna – perlomeno allo stato – non è stato abrogato.
Si auspica che i Consigli degli Ordini territoriali, finchè manterranno le loro prerogative (…), vorranno perseguire tali eventuali, ma probabili, illeciti disciplinari.

Con l’abolizione delle tariffe è stato abolito anche il rimborso forfettario spese generali nella misura del 12,5 %.

Un avvocato privo della sua autonomia professionale, ridotto al rango di un dipendente (peraltro senza le garanzie tipiche del lavoratore subordinato), difficilmente sarà in grado di tutelare al meglio i diritti e gli interessi del proprio assistito.

Le tariffe sono state degli opportuni punti di riferimento, sia nei rapporti con i clienti, sia nelle liquidazioni giudiziali.
Il Consiglio Nazionale Forense rileva che le nostre tariffe sono le più basse d’Europa e non c’è da stupirsi, con circa 240.000 colleghi iscritti agli Albi in Italia, a fronte di circa 58.000 in Francia, di circa 90.000 in Inghilterra e di circa 100.000 in Germania.
Nei rapporti con il cliente le tariffe minime sono abolite fin dal D.L. n. 223/2006 (il c.d. decreto Bersani), mentre le tariffe massime sono concepite nell’esclusivo interesse del cliente.
Adesso l’avvocato, deluso e preoccupato per l’andamento del proprio studio, si potrebbe approfittare del cliente in condizione di necessità (che non ha tempo di andare in giro a chiedere preventivi ai colleghi) e pretendere qualunque cifra, ben al di sopra dei massimi tariffari.

C’è un progetto di riforma organica del nostro ordinamento professionale alla cui stesura hanno partecipato i nostri organismi rappresentativi, già approvato dal Senato ma fermo alla Camera: si concluda l’iter parlamentare.
Quella forense non è una professione come le altre e fa specie che i Professori al Governo non se ne siano avveduti.

Avv. Michele Costa

Le c.d. norme sul processo lungo o allunga processi

sabato, Maggio 7th, 2011

 

Si riporta il testo del disegno di legge n. 668 approvato dalla Camera dei Deputati il 17/02/2011 (Modifiche agli articoli 438, 442 e 516 e introduzione dell’articolo 442-bis del codice di procedura penale. Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo), pressochè completamente emendato dalla Commissione Giustizia del Senato con l’attribuzione del n. 2567.

Modifiche agli articoli 190, 238-bis, 438, 442 e 495 del codice di procedura penale. Interventi in materia di giudizio abbreviato e di delitti punibili con la pena dell’ergastolo

Art. 1

1. All’articolo 438 del codice di procedura penale, al comma 5, dopo le parole: «può subordinare» sono inserite le seguenti: «, secondo quanto previsto dall’articolo 190 in quanto applicabile,».

2. All’articolo 190 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modifiche:

a) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Le prove sono ammesse a richiesta di parte. L’imputato ha la facoltà davanti al giudice di interrogare o fare interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore. Le altre parti hanno le medesime facoltà in quanto applicabili.

2. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza. A pena di nullità ammette le prove ad eccezione di quelle vietate dalla legge e di quelle manifestamente non pertinenti. La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse d’ufficio»;

b) al comma 3, dopo la parola: «revocati» sono inserite le seguenti: «, nei casi consentiti dalla legge,».

3. All’articolo 495 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1, le parole: «, comma 1,» sono soppresse;

b) al comma 4, dopo le parole: «che risultano superflue» sono inserite le seguenti: «e manifestamente non pertinenti, salvo che siano state richieste a prova contraria in relazione a prove già assunte,».

4. All’articolo 238-bis del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Salvo quanto previsto dall’articolo 190-bis resta fermo il diritto delle parti di ottenere, a norma dell’articolo 190, l’esame delle persone le cui dichiarazioni sono state utilizzate per la motivazione della sentenza».

5. Le norme di cui ai commi precedenti non si applicano ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando sia stata già dichiarata la chiusura del dibattimento di primo grado.

Art. 2

1. All’articolo 438 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

«5-bis. Nei procedimenti per i delitti per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, la richiesta di cui al comma 1 può essere proposta subordinandola ad una diversa qualificazione del fatto come reato per il quale la legge non prevede la pena dell’ergastolo»;

b) al comma 6, le parole: «del comma 5» sono sostituite dalle seguenti: «dei commi 5 e 5-bis».

2. Dopo il comma 2 dell’articolo 442 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«2-bis. Quando, tenuto conto di tutte le circostanze, deve essere irrogata la pena dell’ergastolo non si fa luogo alla diminuzione di pena prevista dal comma precedente».

Avv. Michele Costa

Dal processo breve alla prescrizione breve

sabato, Maggio 7th, 2011

 

Si riportano gli articoli 3 e ss. disegno di legge n. 1880 approvato dal Senato fin dal 20/01/2010 (Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), radicalmente modificati il 13/04/2011 dalla Camera dei Deputati con l’attribuzione del n. 3137, attualmente in corso di esame da parte della Commissione Giustizia della Senato con il n. 1880-B.

Disposizioni in materia di spese di giustizia, danno erariale, prescrizione e durata del processo

OMISSIS

Art. 3.

(Modifica all’articolo 161 del codice penale)

1. All’articolo 161 del codice penale, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Salvo che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un sesto del tempo necessario a prescrivere, di un quarto nel caso di cui all’articolo 99, primo comma, della metà nei casi di cui all’articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all’articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai procedimenti nei quali alla data di entrata in vigore della presente legge è già stata pronunciata sentenza di primo grado.

Art. 4.

(Durata ragionevole del processo e obbligo di segnalazione)

1. Nel titolo I delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, di seguito denominate «norme di attuazione del codice di procedura penale», dopo il capo XVI è inserito il seguente:

«CAPO XVI-bis

DISPOSIZIONI SULLA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

Art. 205-quater. – (Durata ragionevole del processo e obbligo di segnalazione).

1. In attuazione del principio di ragionevole durata del processo, il capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede comunica al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura che:

a) dall’emissione del provvedimento con cui il pubblico ministero esercita l’azione penale formulando l’imputazione ai sensi dell’articolo 405 del codice sono decorsi più di tre anni senza che sia stata pronunciata sentenza di primo grado;

b) dalla pronuncia della sentenza di cui alla lettera a) sono decorsi più di due anni senza che sia stata pronunciata sentenza in grado di appello;

c) dalla pronuncia della sentenza di cui alla lettera b) è decorso più di un anno e sei mesi senza che sia stata pronunciata sentenza da parte della Corte di cassazione;

d) dalla sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento oggetto del ricorso è decorso più di un anno per ogni ulteriore grado del processo.

2. Se la pena detentiva, determinata ai sensi dell’articolo 157 del codice penale, è pari o superiore nel massimo a dieci anni di reclusione, i termini di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), sono rispettivamente di quattro anni, due anni, un anno e sei mesi e un anno. Quando si procede per reati previsti dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice, i termini di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), sono rispettivamente di cinque anni, tre anni, due anni e un anno e sei mesi.

3. Il pubblico ministero deve assumere le proprie determinazioni in ordine all’azione penale entro e non oltre sei mesi dal termine delle indagini preliminari. Da tale data iniziano comunque a decorrere i termini di cui ai commi 1 e 2, se il pubblico ministero non ha già esercitato l’azione penale ai sensi dell’articolo 405 del codice.

4. Il corso dei termini indicati nei commi 1 e 2 è sospeso:

a) nei casi di autorizzazione a procedere, di deferimento della questione ad altro giudizio e in ogni altro caso in cui la sospensione del procedimento penale è imposta da una particolare disposizione di legge;

b) nell’udienza preliminare e nella fase del giudizio, durante il tempo in cui l’udienza o il dibattimento sono sospesi o rinviati per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per assoluta necessità di acquisizione della prova;

c) per il tempo necessario a conseguire la presenza dell’imputato estradando.

5. I termini di cui ai commi 1 e 2 riprendono il loro corso dal giorno in cui è cessata la causa di sospensione.

6. Il giudice procedente può, con decreto adottato senza formalità, prolungare di un terzo i termini previsti nei commi 1, 2 e 3 quando ciò sia reso necessario dal numero degli imputati, dalla complessità dell’imputazione e degli accertamenti istruttori, anche in riferimento al numero degli affari giudiziari complessivamente assegnati al medesimo. Il decreto di cui al presente comma è comunicato al capo dell’ufficio.

7. Ai fini dell’invio della comunicazione di cui al comma 1, il capo dell’ufficio giudiziario valuta la sufficienza delle dotazioni organiche complessivamente attribuite all’ufficio, nonché i carichi di lavoro gravanti sulla sezione, sul collegio o sul magistrato singolarmente assegnatario del procedimento».

2. Il corso dei termini indicati nell’articolo 205-quater, commi 1 e 2, delle norme di attuazione del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è sospeso per tutto il periodo del rinvio della trattazione del processo disposto ai sensi dell’articolo 2-ter, comma 1, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125.

3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai processi per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è stato emesso il provvedimento di cui all’articolo 205-quater, comma 1, lettera a), delle norme di attuazione del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo.

Art. 5.

(Modifica dell’articolo 23 del codice di procedura penale)

1. All’articolo 23 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice dichiara con sentenza l’esistenza di una causa di non punibilità ai sensi dell’articolo 129 o dell’articolo 469 in ordine al reato appartenente alla sua competenza per territorio, con la stessa sentenza dichiara la propria incompetenza in ordine al reato per cui si procede ai sensi dell’articolo 12 e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente».

Art. 6.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Avv. Michele Costa

Disegno di legge costituzionale del Consiglio dei Ministri del 10/03/2011

venerdì, Marzo 11th, 2011

 

Riportiamo il disegno di legge in oggetto, con a fianco gli articoli della Costituzione che dovrebbero essere riformati.

Disegno di legge costituzionale Costituzione della Repubblica italiana
Art. 1. Nell’articolo 87 della Costituzione, al comma decimo, dopo la parola: «magistratura» sono aggiunte le seguenti: «giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.». 87. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. OMISSISPresiede il Consiglio superiore della magistratura.OMISSIS
Art. 2. Al Titolo IV della Parte Seconda della Costituzione sono apportate le seguenti modifiche:a) la rubrica del Titolo IV è sostituita dalla seguente: «La Giustizia.»;b) la rubrica della Sezione I è sostituita dalla seguente: «Gli organi.»;

c) la rubrica della Sezione II è sostituita dalla seguente: «La giurisdizione.».

TITOLO IVLa MagistraturaSezione I – Ordinamento giurisdizionale.OMISSIS

Sezione II – Norme sulla giurisdizione.

Art. 3. Il comma secondo dell’art.101 della Costituzione è sostituito dal seguente:«I giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge.». 101. La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Art. 4. Il comma primo dell’art. 102 della Costituzione è sostituito dal seguente:«La giurisdizione è esercitata da giudici ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.». 102. La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.OMISSIS
Art. 5. L’articolo 104 della Costituzione é sostituito dal seguente:«104. I magistrati si distinguono in giudici e pubblici ministeri.La legge assicura la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri.

L’ufficio del pubblico ministero è organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che ne assicurano l’autonomia e l’indipendenza.».

104. La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.Ne fanno parte di diritto il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio .

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Art. 6. Dopo l’articolo 104 della Costituzione é inserito il seguente:«104-bis. Il Consiglio superiore della magistratura giudicante è presieduto dal Presidente della Repubblica.Ne fa parte di diritto il primo presidente della Corte di cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i giudici ordinari tra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.2

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale, provinciale o comunale.».

 
Art. 7. Dopo l’articolo 104-bis della Costituzione é inserito il seguente:«104-ter. Il Consiglio superiore della magistratura requirente è presieduto dal Presidente della Repubblica.Ne fa parte di diritto il procuratore generale della Corte di cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i pubblici ministeri tra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale, provinciale o comunale.».

 
Art. 8. L’articolo 105 della Costituzione é sostituito dal seguente:«105. Spettano al Consiglio superiore della magistratura giudicante e al Consiglio superiore della magistratura requirente, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici ordinari e dei pubblici ministeri.I Consigli superiori non possono adottare atti di indirizzo politico, né esercitare funzioni diverse da quelle previste nella Costituzione.». 105. Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
Art. 9. Dopo l’articolo 105 della Costituzione é inserito il seguente:«105-bis. I provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati spettano alla Corte di disciplina della magistratura giudicante e requirente.La Corte di disciplina si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i pubblici ministeri.

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per metà dal Parlamento in seduta comune e per metà rispettivamente da tutti i giudici e i pubblici ministeri.

I componenti eletti dal Parlamento sono scelti tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

I componenti eletti dai giudici e dai pubblici ministeri sono scelti, previo sorteggio degli eleggibili, tra gli appartenenti alle rispettive categorie.

La Corte di disciplina elegge un presidente tra i componenti designati dal Parlamento e ciascuna sezione elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento.

I membri della Corte di disciplina durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti agli albi professionali, né ricoprire uffici pubblici.

La legge assicura l’autonomia e l’indipendenza della Corte di disciplina ed il principio del giusto processo nello svolgimento della sua attività.

Contro i provvedimenti adottati dalla Corte di disciplina è ammesso ricorso in Cassazione per motivi di legittimità.».

 
Art.10. Al comma secondo dell’art. 106 della Costituzione le parole: «per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli» sono soppresse. 106. Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.OMISSIS
Art.11. All’articolo 107 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:a) nel comma primo, le parole: «del Consiglio superiore della magistratura» sono sostituite dalle seguenti: «dei Consigli superiori della magistratura giudicante e requirente»;b) nel comma primo, è aggiunto in fine il seguente periodo: «In caso di eccezionali esigenze, individuate dalla legge, attinenti all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia i Consigli Superiori possono destinare i magistrati ad altre sedi.». 107. I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso. OMISSIS
Art.12. L’articolo 109 della Costituzione è sostituito dal seguente:«109. Il giudice e il pubblico ministero dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge.». 109. L’Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.
Art. 13. L’articolo 110 della Costituzione è sostituito dal seguente:«110. Ferme le competenze dei Consigli superiori della magistratura giudicante e requirente, spettano al Ministro della giustizia la funzione ispettiva, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.Il Ministro della giustizia riferisce annualmente alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine.». 110. Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministero della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
Art. 14. All’art. 111 della Costituzione dopo il comma ottavo è aggiunto il seguente:«Contro le sentenze di condanna è sempre ammesso l’appello, salvo che la legge disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione. Le sentenze di proscioglimento sono appellabili soltanto nei casi previsti dalla legge.». Sezione II – Norme sulla giurisdizione. 111. La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.OMISSIS
Art. 15. L’articolo 112 della Costituzione è sostituito dal seguente:«112. L’ufficio del pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge.». 112. Il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.
Art. 16. Nel Titolo IV della Parte Seconda della Costituzione, dopo la Sezione II, sono inseriti la seguente Sezione e il seguente articolo:Sezione II-bisResponsabilità dei magistrati

«113-bis. I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato.

La legge espressamente disciplina la responsabilità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale.

La responsabilità civile dei magistrati si estende allo Stato.».

 
Art. 17. I principi contenuti nella presente legge costituzionale non si applicano ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore.  
Art. 18. La presente legge costituzionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.  

 

Avv. Michele Costa

Direttiva U.E. sulla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, con speciale riferimento alle Pubbliche Amministrazioni

martedì, Gennaio 11th, 2011

 

Il Parlamento Europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea, in data 20 ottobre 2010, hanno adottato la direttiva P7_TA-PROV(2010)0374 che, tra le altre cose, all’art. 5 (Transazioni fra imprese e pubbliche amministrazioni) prevede che gli Stati membri assicurano che nelle transazioni commerciali in cui il debitore è la pubblica amministrazione il periodo di pagamento non superi il termine di 30 giorni (o al massimo di 60 giorni) dal ricevimento della fattura.

Il superamento di tali termini è sanzionato dalla maggiorazione automatica degli <<interessi legali di mora>>, che, dall’art. 2 (Definizioni), si evincono essere interessi semplici ad un tasso che costituisce il tasso di riferimento, più almeno otto punti percentuali.

La direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro 2 anni dall’entrata in vigore.

Sembra trattarsi di una rivoluzione epocale, che potrebbe consentire alle piccole e medie imprese, nonché ai professionisti, fiduciari delle Pubbliche Amministrazioni italiane, di disporre della liquidità necessaria per gestire la propria azienda, senza ricorrere o, perlomeno, riducendo l’affidamento bancario.

Il testo integrale della direttiva può essere consultato alla pagina http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P7-TA-2010-0374&format=XML&language=IT

Avv. Michele Costa

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