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Posts Tagged ‘Diritto penale’

Appropriazione indebita del datore di lavoro per omesso versamento delle quote parti dello stipendio del dipendente da destinare ai Fondi di pensione complementare

domenica, Giugno 10th, 2012

Il processo di primo grado si è concluso con sentenza di assoluzione, emanata in via predibattimentale, perchè il fatto non è previsto come reato.

E’ stata disposta la trasmissione degli atti all’Autorità amministrativa competente.

La sentenza in evidenza si adegua all’orientamento delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 1327 del 27/10/2004 – 19/01/2005, risolvendo un contrasto sorto tra le Sezioni Semplici, hanno statuito che <<2.5. OMISSIS l’omesso versamento della “percentuale trattenuta” dal datore di lavoro sulla retribuzione per effetto degli accordi economici e del C.C.N.L non forma oggetto di una specifica fattispecie penale. OMISSIS>>.

Avv. Michele Costa ed Avv. Amanda Paoletti

 

Violenza sessuale: palpeggiamenti repentini e fugaci

giovedì, Aprile 5th, 2012

Ai fini della sussistenza del reato di violenza sessuale nel caso in cui la condotta sia consistita in un palpeggiamento repentino occorre prestare attenzione alle caratteristiche concrete del fatto alle modalità della condotta ed alle circostanze che l’hanno preceduta e l’hanno seguita.
La sentenza in esame si è incentrata sulla stretta correlazione, dinamica e strutturale, esistente tra la regola del <<oltre il ragionevole dubbio>> e le coesistenti garanzie, proprie del processo penale, rappresentate: a) dalla presunzione di innocenza dell’imputato, regola probatoria e di giudizio collegata alla struttura del processo ed alle metodiche di accertamento del fatto; b) dall’onere della prova a carico dell’accusa; c) dalla regola di giudizio stabilita per la sentenza di assoluzione in caso di “insufficienza”, “contraddittorietà” e “incertezza” della prova d’accusa (art. 530, commi 2 e 3, c.p.p.), secondo il classico canone di garanzia “in dubio pro reo”; d) dall’obbligo di motivazione delle decisioni giudiziarie e della necessaria giustificazione razionale delle stesse.
Malgrado la complessiva attendibilità riconosciuta alla parte offesa il Collegio ha sottoposto ad un attento vaglio critico quanto dalla stessa affermato prendendo in considerazione sia lo stato d’animo emerso in sede di istruttoria che l’assenza di riscontri estrinseci.

Avv. Amanda Paoletti

 

Le c.d. norme sul processo lungo o allunga processi

sabato, Maggio 7th, 2011

 

Si riporta il testo del disegno di legge n. 668 approvato dalla Camera dei Deputati il 17/02/2011 (Modifiche agli articoli 438, 442 e 516 e introduzione dell’articolo 442-bis del codice di procedura penale. Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo), pressochè completamente emendato dalla Commissione Giustizia del Senato con l’attribuzione del n. 2567.

Modifiche agli articoli 190, 238-bis, 438, 442 e 495 del codice di procedura penale. Interventi in materia di giudizio abbreviato e di delitti punibili con la pena dell’ergastolo

Art. 1

1. All’articolo 438 del codice di procedura penale, al comma 5, dopo le parole: «può subordinare» sono inserite le seguenti: «, secondo quanto previsto dall’articolo 190 in quanto applicabile,».

2. All’articolo 190 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modifiche:

a) i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Le prove sono ammesse a richiesta di parte. L’imputato ha la facoltà davanti al giudice di interrogare o fare interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore. Le altre parti hanno le medesime facoltà in quanto applicabili.

2. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza. A pena di nullità ammette le prove ad eccezione di quelle vietate dalla legge e di quelle manifestamente non pertinenti. La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse d’ufficio»;

b) al comma 3, dopo la parola: «revocati» sono inserite le seguenti: «, nei casi consentiti dalla legge,».

3. All’articolo 495 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1, le parole: «, comma 1,» sono soppresse;

b) al comma 4, dopo le parole: «che risultano superflue» sono inserite le seguenti: «e manifestamente non pertinenti, salvo che siano state richieste a prova contraria in relazione a prove già assunte,».

4. All’articolo 238-bis del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-bis. Salvo quanto previsto dall’articolo 190-bis resta fermo il diritto delle parti di ottenere, a norma dell’articolo 190, l’esame delle persone le cui dichiarazioni sono state utilizzate per la motivazione della sentenza».

5. Le norme di cui ai commi precedenti non si applicano ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando sia stata già dichiarata la chiusura del dibattimento di primo grado.

Art. 2

1. All’articolo 438 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

«5-bis. Nei procedimenti per i delitti per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, la richiesta di cui al comma 1 può essere proposta subordinandola ad una diversa qualificazione del fatto come reato per il quale la legge non prevede la pena dell’ergastolo»;

b) al comma 6, le parole: «del comma 5» sono sostituite dalle seguenti: «dei commi 5 e 5-bis».

2. Dopo il comma 2 dell’articolo 442 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«2-bis. Quando, tenuto conto di tutte le circostanze, deve essere irrogata la pena dell’ergastolo non si fa luogo alla diminuzione di pena prevista dal comma precedente».

Avv. Michele Costa

Dal processo breve alla prescrizione breve

sabato, Maggio 7th, 2011

 

Si riportano gli articoli 3 e ss. disegno di legge n. 1880 approvato dal Senato fin dal 20/01/2010 (Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), radicalmente modificati il 13/04/2011 dalla Camera dei Deputati con l’attribuzione del n. 3137, attualmente in corso di esame da parte della Commissione Giustizia della Senato con il n. 1880-B.

Disposizioni in materia di spese di giustizia, danno erariale, prescrizione e durata del processo

OMISSIS

Art. 3.

(Modifica all’articolo 161 del codice penale)

1. All’articolo 161 del codice penale, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Salvo che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un sesto del tempo necessario a prescrivere, di un quarto nel caso di cui all’articolo 99, primo comma, della metà nei casi di cui all’articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all’articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai procedimenti nei quali alla data di entrata in vigore della presente legge è già stata pronunciata sentenza di primo grado.

Art. 4.

(Durata ragionevole del processo e obbligo di segnalazione)

1. Nel titolo I delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, di seguito denominate «norme di attuazione del codice di procedura penale», dopo il capo XVI è inserito il seguente:

«CAPO XVI-bis

DISPOSIZIONI SULLA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

Art. 205-quater. – (Durata ragionevole del processo e obbligo di segnalazione).

1. In attuazione del principio di ragionevole durata del processo, il capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede comunica al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura che:

a) dall’emissione del provvedimento con cui il pubblico ministero esercita l’azione penale formulando l’imputazione ai sensi dell’articolo 405 del codice sono decorsi più di tre anni senza che sia stata pronunciata sentenza di primo grado;

b) dalla pronuncia della sentenza di cui alla lettera a) sono decorsi più di due anni senza che sia stata pronunciata sentenza in grado di appello;

c) dalla pronuncia della sentenza di cui alla lettera b) è decorso più di un anno e sei mesi senza che sia stata pronunciata sentenza da parte della Corte di cassazione;

d) dalla sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato con rinvio il provvedimento oggetto del ricorso è decorso più di un anno per ogni ulteriore grado del processo.

2. Se la pena detentiva, determinata ai sensi dell’articolo 157 del codice penale, è pari o superiore nel massimo a dieci anni di reclusione, i termini di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), sono rispettivamente di quattro anni, due anni, un anno e sei mesi e un anno. Quando si procede per reati previsti dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice, i termini di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d), sono rispettivamente di cinque anni, tre anni, due anni e un anno e sei mesi.

3. Il pubblico ministero deve assumere le proprie determinazioni in ordine all’azione penale entro e non oltre sei mesi dal termine delle indagini preliminari. Da tale data iniziano comunque a decorrere i termini di cui ai commi 1 e 2, se il pubblico ministero non ha già esercitato l’azione penale ai sensi dell’articolo 405 del codice.

4. Il corso dei termini indicati nei commi 1 e 2 è sospeso:

a) nei casi di autorizzazione a procedere, di deferimento della questione ad altro giudizio e in ogni altro caso in cui la sospensione del procedimento penale è imposta da una particolare disposizione di legge;

b) nell’udienza preliminare e nella fase del giudizio, durante il tempo in cui l’udienza o il dibattimento sono sospesi o rinviati per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per assoluta necessità di acquisizione della prova;

c) per il tempo necessario a conseguire la presenza dell’imputato estradando.

5. I termini di cui ai commi 1 e 2 riprendono il loro corso dal giorno in cui è cessata la causa di sospensione.

6. Il giudice procedente può, con decreto adottato senza formalità, prolungare di un terzo i termini previsti nei commi 1, 2 e 3 quando ciò sia reso necessario dal numero degli imputati, dalla complessità dell’imputazione e degli accertamenti istruttori, anche in riferimento al numero degli affari giudiziari complessivamente assegnati al medesimo. Il decreto di cui al presente comma è comunicato al capo dell’ufficio.

7. Ai fini dell’invio della comunicazione di cui al comma 1, il capo dell’ufficio giudiziario valuta la sufficienza delle dotazioni organiche complessivamente attribuite all’ufficio, nonché i carichi di lavoro gravanti sulla sezione, sul collegio o sul magistrato singolarmente assegnatario del procedimento».

2. Il corso dei termini indicati nell’articolo 205-quater, commi 1 e 2, delle norme di attuazione del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è sospeso per tutto il periodo del rinvio della trattazione del processo disposto ai sensi dell’articolo 2-ter, comma 1, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125.

3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai processi per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, è stato emesso il provvedimento di cui all’articolo 205-quater, comma 1, lettera a), delle norme di attuazione del codice di procedura penale, introdotto dal comma 1 del presente articolo.

Art. 5.

(Modifica dell’articolo 23 del codice di procedura penale)

1. All’articolo 23 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice dichiara con sentenza l’esistenza di una causa di non punibilità ai sensi dell’articolo 129 o dell’articolo 469 in ordine al reato appartenente alla sua competenza per territorio, con la stessa sentenza dichiara la propria incompetenza in ordine al reato per cui si procede ai sensi dell’articolo 12 e dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente».

Art. 6.

(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Avv. Michele Costa

Ricorso straordinario per errore di fatto ex art. 625 bis c.p.p.

giovedì, Marzo 24th, 2011

Riportiamo un’interessante pronuncia in tema di rimedio agli eventuali errori della Corte di Cassazione.

Sul piano sistematico, osserviamo che l’art. 625 bis c.p.p., introdotto dall’art. 6, comma 6, della L. n. 128 del 26/03/2001, ha dato attuazione ad un auspicio formulato, da circa un ventennio, dalla Corte Costituzionale (che fino ad allora aveva sempre dovuto dichiarare inammissibili gli incidenti di legittimità costituzionale volti ad ottenere una pronuncia additiva che permettesse l’eliminazione degli errori interni al giudizio di cassazione) ai fini della predisposizione da parte del Legislatore di uno specifico strumento processuale diretto a porre riparo agli errori del Giudice di legittimità, in vista della tutela di esigenze di giustizia sostanziale e del diritto ad ottenere un effettivo controllo di legittimità sulla decisione impugnata, demandato alla Corte di Cassazione dall’art. 111 della Costituzione, nonché per evitare irreparabili compromissioni del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione.

Mette conto di rilevare che, con l’art. 625 bis, l’ordinamento processuale penale si è uniformato al principio enunciato dall’art. 4, par. 2, 7° protocollo aggiuntivo, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ratificata con L. n. 98 del 09.04.1990, che prevede la possibilità di riapertura del processo qualora un <<vizio fondamentale nella procedura antecedente abbia … potuto condizionare l’esito del caso>>.

Avv. Michele Costa

Lotta alla corruzione

domenica, Novembre 21st, 2010

 

Le continue inchieste su diversi gravi episodi di illegalità nei rapporti tra politica e affari pongono l’interrogativo sui mezzi più idonei per combattere questa forma di criminalità, che oltretutto arreca ingenti danni anche all’economia del nostro Paese.

Si segnala che l’Italia non ha ancora ratificato la Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione (Strasburgo, 1999), che pur ha sottoscritto.

Nel sito della Camera dei Deputati sono rinvenibili tre proposte di legge, di cui una recentissima, che non stanno facendo passi in avanti.

La prima, di iniziativa parlamentare, è stata presentata il 29/04/2008, ha preso il n. C 268 <<Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, e della Convenzione civile del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999>>, ma, alla data odierna, sembra non essere mai stata trattata.

Tra i testi di tale proposta di legge, comunque, sono ricomprese le due convenzioni in lingua inglese e la traduzione (non ufficiale) in lingua italiana.

La seconda, sempre di iniziativa parlamentare, è stata presentata il 14/10/2008, ha preso il n. C 1786 <<Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno>>, ma anch’essa, alla data odierna, sembra non essere mai stata trattata.

La terza, ancora di iniziativa parlamentare, è stata presentata il 15/11/2010, ha preso il n. C 3859 <<Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, e della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, modifiche al codice penale, al codice civile e altre disposizioni contro la corruzione>>, ma, essendo recentissima, non è mai stata trattata.

Nel sito del Senato della Repubblica è rinvenibile un altro disegno di legge, sempre di iniziativa parlamentare, che è stata presentato il 26/06/2008, prendendo il n. S 850 <<Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno>> e che è in corso di esame in commissione.

Nel sito del Senato è altresì rinvenibile il disegno di legge, di iniziativa ministeriale, che è stato presentato il 04/05/2010, prendendo il n. S 2156 <<Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione>> – il c.d. disegno di legge anti-corruzione –, che è in corso di esame in commissione.

Tale disegno di legge si raccorda alla Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003, firmata dallo Stato italiano e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, ma non con la Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, che non viene nemmeno nominata.

Si nomina, invece, il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organismo istituito nell’ambito del Consiglio d’Europa, di cui l’Italia fa parte dal 2007, che, tra le altre raccomandazioni formulate, ha invitato il nostro Paese ad adottare efficaci politiche di prevenzione della corruzione e, tra queste, quella di un Piano nazionale anti-corruzione, ed a riferirne dinanzi al Consiglio d’Europa il 31 gennaio 2011.

Avv. Michele Costa

Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di spogliarelliste e ballerine di “lap dance” – Elenco dei limiti della censura per vizio motivazionale del ricorso per cassazione – Riepilogo del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione

giovedì, Ottobre 28th, 2010

La Suprema Corte, per rigettare i ricorsi, ha richiamato la propria giurisprudenza in tema di prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza (Cass. pen. Sez. 3 n. 25464 del 22.4.2004) ed in tema di gestione di un club dove ballerine svolgono attività di “lap dance” (Cass. pen. sez. 3 n. 13039 del 12.2.2003).

La sentenza è molto interessante ai fini procedurali e, quindi, pratici.

Vengono elencati i limiti della censura per vizio di motivazione della sentenza di merito:

  • il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo.
  • E’ necessario cioè accertare se nell’interpretazione delle prove siano state applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
  • L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve quindi essere evidente e tale da inficiare lo stesso percorso seguito dal giudice di merito per giungere alla decisione adottata.
  • Il vizio di prova “omessa” o “travisata” si verifica solo quando da esso derivi una disarticolazione dell’intero ragionamento probatorio ed una illogicità della motivazione sotto il profilo della rilevanza e della decisività.

Viene anche riepilogato il principio di autosufficienza del ricorso:

  • E’ onere della parte, poi, indicare espressamente nei motivi di gravame gli atti del processo da cui è desumibile il vizio. Tali atti vanno individuati specificamente (non rientrando nei compiti della Corte di legittimità la ricerca nel fascicolo processuale degli stessi), allegati o trascritti integralmente (non è consentita una indicazione “parziale” dell’atto, potendo il denunciato travisamento emergere solo dalla sua lettura integrale).
  • Vanno quindi condivise le precedenti decisioni di questa Corte con le quali si è affermato il principio che “la condizione della specifica indicazione degli altri atti del processo… può essere soddisfatta nei modi più diversi (quali ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito) purchè detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di Cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 591 c.p.p.” (cfr. Cass. pen. sez. 2 n. 19584 del 5.5.2006).
  • Altra decisione ha, ancora più puntualmente specificato che è onere del ricorrente la individuazione precisa della collocazione degli atti nel fascicolo processuale, ove non siano riprodotti nel ricorso e non siano allegati in copia conforme, sia la dimostrazione che tali atti si trovassero nel fascicolo processuale al momento della decisione del giudice di merito, che, infine, di indicazione puntuale della circostanza di fatto asseritamente travisata o non valutata (Cass. pen. sez. 3 n. 12014 del 22.3.2007).

Avv. Michele Costa

 

Pornografia minorile e detenzione di materiale pornografico – Giurisdizione del Giudice penale italiano nei confronti dello straniero – Riqualificazione del fatto nel giudizio abbreviato – Aggravante dell’ingente quantità

sabato, Ottobre 23rd, 2010

In mancanza della dimostrazione, da parte dell’accusa, che la condotta dello straniero sia stata commessa in Italia non è perseguibile il reato di produzione di materiale pornografico.

In linea con il principio generale stabilito dall’art. 529, 2° comma, c.p.p, infatti, la dimostrazione della sussistenza della condizione di procedibilità ex artt. 6, 7 e 604 c.p. deve essere fornita dall’accusa, e l’insufficienza della prova sul punto rileva in ogni caso in senso favorevole all’imputato, che, quindi, non è punibile.

Tuttavia, a fronte della non punibilità secondo la legge italiana dei fatti di produzione del materiale pornografico commessi all’estero, residua la rilevanza penale della detenzione in Italia di quel materiale, in quanto le due fattispecie puniscono due manifestazioni di una progressione criminosa e la detenzione è uno sviluppo della produzione del materiale.

Trattandosi di condotte afferenti al medesimo materiale correttamente descritto nell’imputazione, e quindi da ritenersi contestato in fatto, la fattispecie delittuosa può essere riqualificata in termini di detenzione senza che sia ipotizzabile alcun difetto di correlazione tra sentenza e accusa, né alcuna lesione del diritto di difesa.

Ai fini della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 600-quater, 2° comma, rilevano anche gli ingrandimenti e le rielaborazioni di talune immagini, aumentando la mole quantitativa del materiale e la pericolosità sociale della condotta anche per la possibile diffusione.

Avv.ti Michele Costa ed Amanda Paoletti

 

Violenza sessuale, sequestro di persona, rapina ed altri reati minori

mercoledì, Settembre 1st, 2010

I punti di maggiore interesse sono relativi al rigetto delle censure relative alla violenza sessuale attenuata ed al sequestro di persona.

Per la violenza sessuale, nonostante la presenza di chiari elementi di minore gravità, è stata rigettata la censura relativa al mancato riconoscimento della fattispecie attenuata di cui all’ultimo comma dell’art. 609-bis c.p., senza valutare la motivazione del convincimento della Corte territoriale, nella erronea considerazione che analogo gravame non fosse stato inserito nei motivi di appello.

Per il sequestro di persona è stata ratificata la motivazione della Corte d’Appello circa la rilevanza di un tempo di privazione della libertà personale limitato a 30 secondi e, comunque, contenuto entro 1 minuto.

Avv. Michele Costa

 

Guida sotto l’effetto di stupefacenti

mercoledì, Settembre 1st, 2010

E’ stato ribadito che la condotta tipica del reato previsto dall’art. 187 C.d.S. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato d’alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione.

Perchè possa dunque affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato d’alterazione causato da tale assunzione.

Avv. Michele Costa

 

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